martedì 26 maggio 2015

Il Grande Gatsby. Vince il romanzo, ma il film è un'esperienza da non perdere.


"E mentre meditavo sull'antico mondo sconosciuto, pensai allo stupore di Gatsby la prima volta che individuò la luce verde all'estremità del molo di Daisy. Aveva fatto molta strada per giungere a questo prato azzurro e il suo sogno doveva essergli sembrato così vicino da non poter più sfuggire. Non sapeva che il sogno era già alle sue spalle, in quella vasta oscurità dietro la città dove i campi oscuri della repubblica si stendevano nella notte. Gatsby credeva nella luce verde, il futuro orgastico che anno per anno indietreggia davanti a noi. C'è sfuggito allora, ma non importa: domani andremo più in fretta, allungheremo di più le braccia... e una bella mattina... Così remiamo, barche controcorrente, risospinti senza sosta nel passato".
Il grande Gatsby, F. S. Fitzgerald


Soldi. Ce ne sono tanti, dentro e dietro questo film. Una massiccia promozione, campagne pubblicitarie strepitose su riviste, internet, cartelloni: le vetrine di Harrods a Londra hanno scintillato per giorni di quel bagliore di piume e lustrini degli anni ’20, bagliore che non nascondeva alla vista l’affascinante volto di Leo/Gatsby e il caschetto platino di Daisy/Carey Mulligan. Un film atteso, presentato come un sogno, ad alimentare grandi aspettative perché in esso c’è in ballo tanta roba: F.S. Fitzgerald, il padre della Jazz Age; il Sogno Americano; l’America degli speakeasies, delle flappers, del charleston; quella indimenticabile luce verde al di là della baia che continua a lampeggiare nella nebbia, nelle pagine del romanzo, sullo schermo del cinema, nella proiezione del desiderio di Gatbsy.

Di soldi è pieno anche il film: le feste a casa di Gatsby sono orge di colori e champagne; quella A Little Party Never Killed Nobody di Fergie pompata al massimo volume a bordo piscina è la colonna sonora più adatta a restituire il mondo fatuo, il “circo” degli eccessi che a più di qualche spettatore è parso ridondante, un turbine di immagini e suoni quasi allucinante, ma che perde ogni splendore in confronto alla valle delle ceneri, un posto dimenticato da Dio a pochi km da New York, dove uomini anneriti da polvere e fuliggine sgobbano in montagne di carbone per illuminare la città. In questo il film è riuscito benissimo: la cenere che annerisce i visi degli operai è la stessa che vela gli animi dei protagonisti di questa storia: Daisy, Tom e il mondo a cui appartengono.

Altro elemento vincente del film è Leonardo Di Caprio: se nel 1974 a interpretare l’oggetto del desiderio di Gatsby era una Mia Farrow che più Daisy non si può, qui è Di Caprio il cavallo vincente. Bello da fare paura con qualche ruga in più, bravo e convincente già nella versione doppiata, Gatsby non potrebbe avere altro volto se non il suo. Peccato però che – almeno nella prima parte del film – perda molto di quell’alone di romanticismo tragico di cui trasuda il personaggio nel romanzo; dispiace perché in qualche modo risulta banalizzato.

Recupera il fascino tragico verso il finale, quando davanti a una Daisy imbambolata che non riesce a porre fine a un matrimonio infelice (?), ancora si illude che il suo sogno d’amore possa diventare realtà. La stessa persona a cui Nick – e noi con lui – rivolgerà l’ultimo saluto: “Sono un branco di porci, tu da solo vali più di tutti quanti messi insieme”.

Tanto si è parlato della colonna sonora della pellicola che a molti è parsa eccessiva e fuori contesto per gli anni 20. Al contrario, è senza dubbio spettacolare: aggiunge un tocco di contemporaneità a una storia senza tempo.

In conclusione, fare dei paragoni tra questo film e il romanzo da cui è tratto è disonesto. La pellicola ne esce sconfitta a priori, anche per la discutibilissima scelta – tra le altre ragioni – di dare il via alla storia con un Nick internato in un sanatorio per alcolizzati; nonché per alcune scene da “cartone animato”, come le inquadrature dall’alto sulla villa di Gatsby o gli scorci di New York che sanno molto di videogame.

Tuttavia, chi scrive è convinta che Fitzgerald, a differenza di quanto dicono i più, non si rivolterebbe affatto nella tomba. Lui Hollywood l’aveva capita benissimo e questo film è autenticamente hollywoodiano, nel senso che lo scrittore avrebbe dato alla parola.
Soldi, soldi, soldi…




(Foto tratte dal film. Articolo pubblicato nel giugno 2013 su Tesionline, Canale Cinema)

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