"Guardi il sole e ti sembra tuo invece tramonta dietro quelle colline da quindicimila anni - dall'ultima era glaciale".
Ruggine americana, Philipp Meyer, 2009.
Grande protagonista mai nominato del romanzo, il Sogno
Americano si è ridotto in frantumi a Buell, Pennsylvania, dove un'acciaieria,
ormai dismessa e abbandonata, incombe come un'infausta ombra sul destino degli
abitanti della grigia cittadina.
Tra questi, Isaac English, vent'anni, cervello di un genio,
ma niente college: non ha superato il trauma del suicidio di sua madre, e dopo
aver cercato di imitarla, salvato in extremis dall'amico Billy Poe, sogna di
andar via, verso la California, a costruirsi un futuro o a cercare di scacciare
i demoni del passato, abbandonando un padre invalido a causa di un incidente in
fabbrica.
Sua sorella Lee, invece, il coraggio di scappare lo ha trovato: ora
vive a Yale, ha sposato un ragazzo di buona famiglia e a Buell non ci mette più
piede dalla tragica fine della loro madre.
Billy Poe è una mancata promessa del
baseball nazionale, troppo rissoso e attaccato a sua madre Grace, con cui vive
in un container, dopo che suo padre se l'è svignata abbandondandoli a se
stessi.
Grace è una donna sfatta dalla vita, ma ancora attraente; lavora in
fabbrica, e annega la sua solitudine in qualche bicchiere di troppo quando
torna a casa, di sera, nel freddo pungente di inverni che sembrano non voler
finire. Solo Buddy, poliziotto, la aiuta forse ad amarsi un po' di più,
prendendosi cura di lei e del suo ragazzo.
Quando la svolta sembra arrivare e le vite di Isaac e Poe
prendere direzioni diverse dalle rovine del glorioso passato industriale di
Buell, un sanguinoso episodio di violenza che culmina nella morte di un barbone
interviene a deviare il corso degli eventi e quello che doveva essere il
viaggio dei due amici verso la libertà, diventa una fuga per la sopravvivenza
per Isaac e un tunnel senza apparente via di uscita per Poe.
Le vite piatte e anestetizzate dallo scorrere sempre uguale
dei giorni di un'intera comunità vengono sconvolte e tutti gli abitanti del
microcosmo di Isaac e Poe sono costretti a confrontarsi con se stessi e con
delle dolorose prese di coscienza che si rivelano quasi catartiche e aprono la
via ad un finale che si stenta ad assimilare ad un happy ending, ma lascia
intravedere una seconda possibilità di redenzione.
La scrittura di Meyer è una rivelazione, in tempi di triste scarsa
originalità: pulita, senza eccessi e compiacimenti, scorrevole, viva. Quando
Isaac cammina nei boschi di sera, o Poe torna a casa senza giacca, sotto la
neve, avvertiamo i cespugli che ci graffiano le gambe e il freddo che ci
paralizza e ci rende livide le braccia nude. Su un palcoscenico fin troppo crudele,
il narratore rimane sempre in disparte, lasciando libero spazio ai singoli
personaggi che ci offrono il loro punto di vista, alternandosi nella narrazione,
a dimostrare che non esiste una sola e assoluta verità.
Se questo libro fosse una canzone, sarebbe senz'ombra di
dubbio The River di Bruce
Springsteen. Anche a distanza di quarant'anni. Perchè anche qui, come nel testo della canzone di quasi
quarant'anni fa, si parla di disillusione e amarezza, di desiderio di fuga,
voglia di riscatto e fallimento; anche nel romanzo ci sono giovani e meno
giovani senza speranze; anche nelle storie di Buell, Pennsylvania, come nelle
parole di Springsteen, un sogno che non diventa realtà è una bugia o qualcosa
di peggio. Anche qui c'è un fiume che scorre e si è portato via il futuro.
"Scrutò il fiume, le acque torbide, le cose sotto la
superficie. Strati diversi e vecchie schifezze sepolte nella melma, pezzi di
trattore e ossa di dinosauro. Non hai toccato il fondo ma non sei nemmeno a
galla. Hai tanta confusione in testa. Per cui fai il bagno a febbraio. E freghi
i soldi al vecchio. Ti sembra di essere via da giorni ma saranno al massimo un
paio d'ore; fai ancora in tempo a tornare indietro. No. C'era di peggio che
rubare, raccontarsi bugie, per esempio, sua sorella ed il vecchio erano dei
fuoriclasse in quel campo, si comportavano come se fossero gli ultimi santi
sulla terra.
Tu invece hai preso da tua madre. Resta qui e il manicomio
non te lo leva nessuno. Il tavolo da imbalsamazione. La passeggiata sul
ghiaccio a febbraio, il freddo sconvolgente. Mozzava il fiato, ma non ti sei
mosso finchè non lo hai sentito più, così era scivolata lei. Resisti un minuto
e poi inizi a scaldarti. Una lezione di vita. Saresti affiorato solo adesso, ad
aprile; il fiume si riscalda e le cose che vivono dentro di te in silenzio,
senza che lo sai, sono quelle a farti tornare a galla". (pag. 13)
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